Di giorno in giorno la situazione della magistratura onoraria si aggrava sempre di più: questo per l’avvicinarsi dell’agosto 2021 data in cui entrerà in vigore la c.d. legge “Orlando” che riformerà purtroppo in peggio l’istituzione, sia per l’emergenza Covid che espone a gravi rischi una categoria già di per sé senza alcuna garanzia e per le condizioni di lavoro in generale sempre più difficili.
Senza contare il totale disinteresse da parte del governo per dei lavoratori (non suoni blasfemo il termine, perché tali siamo) che danno un contributo rilevante al funzionamento del sistema giustizia in Italia: in un anno e mezzo circa l’esecutivo Conte bis non ha mosso alcun passo per risolvere la questione.
In ultimo, classica goccia che fa traboccare il vaso la risposta del Guardasigilli ad un’interrogazione parlamentare circa la possibilità di utilizzare i fondi del ricovery found anche per la stabilizzazione della magistratura onoraria.
Nella risposta il Ministro Bonafede escludeva del tutto l’ipotesi e sin qui nulla da eccepire, poiché esprimeva il legittimo punto di vista suo e del Governo, per carità può piacere o meno la risposta ma ci mancherebbe nulla da eccepire.
Il problema è che oltre a negare ogni possibilità di dialogo e di confronto sul tema, l’inquilino di Via Arenula utilizzava copiandole puramente molte parti di un vecchio documento dell’associazione nazionale magistrati, circostanza questa molto grave, difatti stigmatizzata anche dalla stessa ANM.
Certo la responsabilità materiale non è propriamente del Ministro in quanto persona fisica (ovvero sicuramente di un componente del suo staff), ma genera in ogni caso un profondo rammarico, perché indice della mancanza di qualsiasi intenzione di dare finalmente un minino di certezze ad una categoria che tanto ha dato, dà e darà allo stato.
Necessario quindi far sentire il proprio malessere anche per rendere partecipe l’opinione pubblica della grave ingiustizia che si sta perpetrando ai danni di persone che hanno la sola colpa di servire con impegno e abnegazione lo stato.
Da qui la decisione di organizzare un flash mob,su base volontaria e a partecipazione libera in ogni sede giudiziaria , dove lo si volesse organizzare con i magistrati onorari schierati davanti ai Tribunali con addosso la toga e nelle mani una rosa ed il codice.
La protesta prende ispirazione dalla c.d. protesta “del pane e delle rose” promossa nel 1912 da alcuni lavoratori americani del settore tessile anche loro mossi dall’assenza di qualsiasi garanzia e con una retribuzione ridicola.
Come allora si richiede non solo un trattamento economico adeguato, ma anche condizioni di lavoro dignitoso, da qui assieme al codice che rappresenta il pane per gli operatori del diritto, ovvero lo strumento con cui produrre il proprio reddito, anche la rosa che indica come allora l’esigenza di ricevere un trattamento più dignitoso.
Ma poi perché anche la toga? Semplice, si tratta dell’abito di lavoro di ogni Magistrato quindi anche di un onorario, anch’essa in questo periodo mortificata insieme a coloro che la indossano.
Oltre ovviamente a manifestare il proprio sostegno alle colleghe di Palermo da giorni in sciopero della fame, che stanno lottando per l’intera categoria mettendo a rischio per prima cosa la propria salute.
La protesta di questi giorni, sia pur nei limiti che la funzione consente era quanto mai necessaria, poiché con l’entrata in vigore della legge di riforma la c.d.” Orlando” la Magistratura Onoraria di fatto sarebbe drasticamente ridimensionata e circa cinquemila persone oltre le rispettive famiglie si troverebbe in grave difficoltà.
Senza contare le ricadute sull’amministrazione della giustizia, poiché sarebbe impossibile assicurare lo stesso impegno attuale e di riflesso le conseguenze sull’intero comparto giustizia e in ultimo sui cittadini.
Le toghe onorarie hanno dato in questi giorni una grande prova di civiltà con la protesta che si è svolta davanti a molti Tribunali in tutta Italia, in modo molto composto ed ordinato in linea con il comportamento che da sempre viene tenuto ogni giorno nei Tribunale.
A Napoli si è svolta nella giornata di Giovedì 10 dicembre davanti all’ingresso del Tribunale ed ha visto la partecipazione di un folto gruppo di GOT e VPO del Tribunale e della Procura di Napoli, con rappresentanze anche di Napoli Nord e di Torre Annunziata
Come in tutta Italia nello stesso giorno o al più tardi il venerdì o il sabato successivo, la manifestazione si è svolta in modo estremamente corretto,, secondo le regole previste in materia( è stata finanche inviata comunicazione alla Pubblica Sicurezza) rispettoso del luogo davanti al quale ci si trovava e del ruolo che i Magistrati Onorari ricoprono e che anche in queste circostanze esige decoro.
Anche qui il flash mob, infatti è stato svolto all’esterno sia per rispettare maggiormente il di stanziamento sociale e per non creare inutili assembramenti in un luogo chiuso come il Tribunale.
Qualcuno può pensare a torto, che in questo modo si sia arrecato un danno al prestigio dell’istituzione della Magistratura, poiché un Giudice anche se onorario non dovrebbe mai inscenare per il ruolo che ricopre, proteste di questo genere.
Tuttavia non è affatto così e chi ha partecipato a Napoli o nel resto d’Italia lo può testimoniare, poiché ci si è trovati al cospetto di un gruppo di persone che ha voluto semplicemente esternare il proprio malessere per la propria condizione e per l’assenza di qualsiasi prospettiva, con grande dignità e in modo rispettoso del proprio ruolo
Erano presenti dei professionisti che dedicano quotidianamente il loro tempo all’amministrazione della giustizia, un tempo che va oltre la semplice udienza in Tribunale, poiché spesso si tratta di approfondire questioni complesse.
Persone che a volte hanno visto i loro colleghi contrarre il corona virus e si sono tenuti dentro la paura di averlo contratto anche loro e che nonostante ciò non si sono mai tirate indietro nel celebrare la propria udienza.
Comportamento, in cui nulla entra la volontà di assicurarsi il gettone di presenza di 98 euro (raddoppiato oltre le 5 ore) perché il senso del dovere prevale sempre per chi svolge questo lavoro e non è mai venuto meno, anzi!
Sicuramente qualcuno passando davanti al Palazzo di Giustizia al centro direzionale a Napoli avrà pensato che chi manifestava invece di stare a prendere freddo a suo tempo avrebbe potuto un concorso .
A molti magistrati onorari è stata fatta spesso questa domanda, che per la verità denota ci si perdoni, un po’ di superficialità e un po’ di prevenzione verso la categoria e che non tiene conto del fatto che stiamo parlando della parte meno responsabile dell’attuale situazione.
Ogni onorario presente alla manifestazione di Napoli, così come nel resto d’Italia presta servizio da anni, in alcuni casi da 20 anni, rimasto in servizio di proroga in proroga, solo perché il governo di turno ha reputato più semplice fare ciò invece di nuovi concorsi.
Infatti gli onorari non vogliono assolutamente entrare in magistratura dalla “porta di servizio “ma semplicemente ottenere un trattamento adeguato al loro impegno (non solo dal punto di vista economico) e la garanzia di conservare il proprio incarico sino all’età pensionabile; richieste che possono essere accolte senza che ciò significhi far accedere alla Magistratura professionale, donne e uomini che non ha fatto un concorso.
Cosa resta di una protesta svolta in alcune fredde mattinate di dicembre? Di sicuro l’aver dato una dimostrazione di compattezza e l’aver dimostrato che la categoria è viva ed esige certezze non solo economiche.
E anche ci si consenta la consapevolezza di aver stimolato qualcuno a riflettere sulla condizione della Magistratura Onoraria e sul fatto che con un suo ridimensionamento ne soffrirebbe anche il singolo cittadino, vista la mole di fascicoli che ogni toga onoraria esamina.
Il flash mob di questi giorni è quindi in primo luogo una battaglia di civiltà, poiché un paese civile degno di questo nome deve garantire a tutti i lavoratori condizioni dignitose di lavoro: insomma va ben oltre le semplici rivendicazioni.
Per il resto la strada da percorrere è ancora lunga, ma per una causa giusta e per una battaglia di civiltà vale la pena di essere percorsa.