“I rischi di ridimensionamento dell’Università e della Ricerca”, questo il titolo di una iniziativa all’Università per Stranieri di Siena, con il suo rettore, Tomaso Montanari, “ospite”, relatore, organizzatore.

In un articolo su Repubblica-Napoli (Giuliano Laccetti, Università e ricerca quanti danni provoca il taglio ai fondi, 9/10/2024), commentando le scelte del DM 1170 del 7/8/2024 “Criteri di riparto del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) delle Università Statali e dei Consorzi interuniversitari per l’anno 2024”, riprendendo un mio precedente appello  pubblicato su Vesuviano News del 29/9/2024, denunciavo con forza e preoccupazione il significativo, “violento” definanziamento dell’Università e della Ricerca, segnatamente il FFO 2024, indicando i rischi ed i pericoli di una riduzione dell’attenzione nei confronti dell’alta formazione e della ricerca, da sempre aspetti strategici per lo sviluppo complessivo di un paese; e al tempo stesso denunciavo e criticavo l’atteggiamento del governo delle destre nei confronti dell’Università, del sapere, in generale. La politica del governo delle destre si può sintetizzare con il noto aforisma “starve the beast”: strategia tipica di conservatori e reazionari nel limitare i finanziamenti a istituzioni pubbliche, con il duplice obiettivo di ridurre le spese (e quindi poter ridurre le tasse in special modo alle classi più agiate), e aprire contemporaneamente al mercato privato che supplirà o sostituirà le istituzioni ed i servizi pubblici, carenti o mancanti del tutto.

Tale atteggiamento “provocatorio” tipico della destra, acuito con provvedimenti della Legge di Bilancio … che ancora non si riesce ad approvare, per via dei litigi nella stessa maggioranza, nel caso specifico porta a gravi, svariate conseguenze:

  1. cancellazione del Piano straordinario per consentire assunzioni negli Atenei per oltre 10.000 unità di personale, tra docenti e tecnico-amministrativi
  2. mancata stabilizzazione delle risorse alla ricerca provenienti dal Ngeu
  3. “licenziamento” di tutti i precari, RTDA o assegnisti di ricerca (unici canali utilizzabili con i finanziamenti Ngeu), dal 2026 (si tratta di più di 24.000 persone, che costituiscono, da sole, più di un terzo di tutti gli attuali docenti e ricercatori delle Università)
  4. una ulteriore riduzione di personale docente e ricercatore dovuta alla limitazione del 75% del ripristino del turn-over (tra il 2024 ed il 2027 si stima andrà in pensione circa il 12% degli attuali professori)
  5. una drastica riduzione di finanziamenti per l’attività di ricerca “ordinaria” e “per grossi progetti “(Prin), che elimina di fatto l’ottenimento di nuove conoscenze in campi che non siano finanziati da altri soggetti privati
  6. una riduzione dell’offerta formativa e, di fatto, una riduzione del livello di formazione degli studenti
  7. un taglio ai servizi (diritto allo studio) e/o un aumento delle tasse, per gli studenti
  8. un indebito “vantaggio” alle università private (telematiche) alle quali si consente di operare (e quindi guadagnare somme enormi!) in assenza di parametri e garanzie che invece sono giustamente richieste alle altre università, pubbliche o private
  9. un incentivo, invece di un freno, alla emigrazione intellettuale: negli ultimi anni, centinaia di migliaia di laureati in Italia sono andati a lavorare all’estero, spesso dovendo fare solo poche centinaia di km., per andare a guadagnare il doppio o il triplo di quello che guadagnerebbero in Italia (stime ISTAT indicano che il numero di laureati tra i 25 e i 34 anni che ha lasciato il paese, confrontando il 2012 ed il 2020, è passato da 5 mila a 35 mila per anno)
  10. un ulteriore depauperamento delle “ricchezze” e delle “potenzialità” del Mezzogiorno: il già previsto e in qualche modo “consigliato” e/o di fatto imposto o “incentivato” accorpamento di Atenei; la cosiddetta premialità nella distribuzione dei finanziamenti; l’indicazione, martellante, di migliore qualità della vita e di migliori prospettive di lavoro (“previsioni” che poi si “autoavverano”), sono tutte cose che toccano in particolar modo gli Atenei del Mezzogiorno ed i loro Dipartimenti. Non servono pochi grossi Atenei “eccellenti” (qualunque cosa significhi: i parametri scelti per misurare l’eccellenza influenzano la definizione e i … risultati!), ma molti, diffusi su TUTTO il territorio, ottimi Atenei. Specialmente nel Mezzogiorno. Dove gli Atenei, insieme con le Scuole, costituiscono ANCHE un baluardo di legalità e di democrazia.

Ma, più in generale, questo attacco all’Università e alla Ricerca, attraverso un pesante definanziamento (che continuerà e continuerà nei prossimi 3 anni, così stabilisce la Legge di Bilancio in discussione alle Camere, per parecchie centinaia di milioni), questo “ridimensionamento”, porterà ad un pericoloso “ridimensionamento”  della democrazia in Italia: istruzione, conoscenza, saperi, sono fattori strategici, veri e propri baluardi di un paese moderno e democratico; senza università e ricerca, senza scuole, pubbliche e per tutti, libere da imposizioni governative,  un pezzo della nostra democrazia scomparirebbe.

Ben 122 Associazioni Scientifiche hanno sottoscritto un documento di critica e proposta, grosso modo su queste posizioni di cui si è pure discusso a Siena; in pratica queste Associazioni, anch’esse … con ritardo,  in pratica si stanno andando a prendere il ruolo di Crui e Cun che, pur autorevoli istituzioni, si sono un po’ (la Crui … da sempre!) appiattite sul governo, e non rappresentano più interessi ed esigenze del mondo universitario e della ricerca, ma in qualche caso addirittura ne sono … la controparte!

Che fare?

  1. Indubbiamente bisogna richiedere con forza, e far capire all’opinione pubblica, dopo decenni di attacchi e pessima rappresentazione del mondo universitario, che è necessario AUMENTARE, in maniera significativa, i finanziamenti al settore Università e Ricerca, portandolo ALMENO a livello di alcuni stati europei (senza voler pensare a Francia o Germania, guardiamo ad es. alla Spagna: lo 0,75% del loro Pil è destinato alle Università. Bene. Ci vogliamo arrivare pure noi? Attualmente la quota di finanziamento alle università, il cosiddetto FFO, è di circa lo 0,42-0,43% del NOSTRO Pil; per noi, passare da 0,43 a 0,75%, significherebbe aumentare lo stanziamento di oltre 5 miliadi di euro! Un cambiamento epocale per le nostre Università!).
  2. Modificare il modo di “distribuire” questi finanziamenti: non più competizione perniciosa tra Atenei, ma, gran parte di questo cospicuo e adeguato finanziamento vada in maniera uniforme a tutti gli Atenei, in modo che ciascuno abbia fondi sufficienti per diritto allo studio, attività didattica (personale docente e non docente, strutture), attività di ricerca (una sorta di Livelli Uniformi dei finanziamenti per le Università!). Solo allora, prevedere una “premialità”.
  3. Consentire, di conseguenza, l’assunzione di personale docente qualificato e in numero adeguato, riducendo a una sola figura (da studiare, ma l’idea potrebbe essere questa), a mio avviso acora necessaria, il “ruolo” di “precario” o di “apprendista”.
  4. Abolizione o cambiamento di 180 gradi del ruolo, delle funzioni e del modo di operare dell’Anvur, che deve perdere il carattere di decisore di fatto dell’andamento delle politiche universitarie.
  5. Limitare “al giusto” l’attività delle università telematiche: in Spagna c’è una università telematica, diciamo così, “statale”, che garantisce livelli di formazione di qualità, e dà la possibilità a chi non può frequentare le sedi universitarie di raggiungere i più alti livelli di istruzione. E’ una idea, che si può/deve approfondire e discutere.
  6. Garantire davvero il diritto allo studio: l’incremento dei finanziamenti significhi anche borse di studio, alloggi per studenti fuori-sede, drastica riduzione delle tasse, ad es. elevando significativamente la soglia di reddito per la totale esenzione (adeguando di conseguenze il livello di tassazione per chi è sopra quella soglia).
  7. Infine, mi sta a cuore, ne abbiamo discusso a lungo, mettere mano anche a questioni particolari, che possono sembrare minori, ma che sono il sale della democrazia, della libertà, della alta qualificazione professionale: il numero chiuso a Medicina (ho scritto anche di questo, rimando a questi miei scritti per un approfondimento delle mie idee e proposte).

In definitiva, allora, sindacati, partiti, movimenti, associazioni di docenti e studenti, si devono muovere: in Parlamento, nel Paese. Ci sono spiragli di ravvedimento. Poche settimane fa ho partecipato ad un interessante e significativo incontro del Pd (in qualche modo “anticipatore” di quello organizzato da Montanari a Siena, ovviamente con diversa genesi e ispirazione,  ma come quello teso all’ascolto del mondo dell’università e della ricerca, degli studenti, e alla proposta di miglioramento della nostra struttura universitaria nel suo complesso) e della sua segretaria Schlein, con il mondo universitario. Come ho già avuto modi scrivere, l’intervento della segretaria è stato illuminante: in questi ultimi anni (affermazione autocritica di Schlein, che si è presa responsabilità non sue personali, ma del partito) non sempre abbiamo fatto quello che un partito della sinistra deve fare. Adesso rimettiamo al centro della nostra attenzione i temi strategici di istruzione, università, scuola, ricerca, come temi fondamentali per lo sviluppo economico, democratico, sociale, civile del Paese, per aumentare l’occupazione, e una occupazione qualificata, contro la fuga dei cervelli, specialmente dal Sud al Nord. “Battaglia” che si intreccia con il discorso della questione meridionale, vera questione nazionale. Così Schlein.

Da parte nostra, cercheremo di fare la nostra parte.