Nel libro Web Ergo Sum Gianroberto Casaleggio scrive: “il termine di democrazia diretta descrive un nuovo rapporto tra i cittadini ed i loro rappresentanti, un’evoluzione del sistema democratico più che un suo superamento. La democrazia attuale opera sul principio di delega, non di partecipazione diretta: con il voto si esaurisce il rapporto degli elettori con i candidati e con le scelte che verranno da questi attuate”.
E sul sito web https://rousseau.movimento5stelle.it si specifica ancora meglio: “La rete va a ridefinire il rapporto tra cittadino e politica consentendo l’accesso all’informazione in tempo reale su un qualsiasi fatto ed il controllo sui processi attivati dal governo centrale. La democrazia diretta, resa possibile da Internet, introduce così la centralità del cittadino”.
Concetti sicuramente interessanti. Chi come me lavora quotidianamente con gli strumenti digitali rimane certamente affascinato da questa visione evolutiva del rapporto democratico elettore/eletto. Però tra il dire e il fare c’è di mezzo l’abisso scuro di un oceano profondo, fatto – ad oggi – di incertezze, opacità, incongruenze – sempre ad oggi – insanabili che mal si inseriscono in un contesto democratico trasparente, garantito e garantista.
Per esempio, citando le parole di Casaleggio, lui auspicava che il voto sulla piattaforma digitale Rousseau “esaurisse il rapporto degli elettori con i candidati” delegando poi a questi ultimi le decisioni da prendere nei diversi contesti.
In pratica, i parlamentari hanno l’ultima parola tenendo peròpresente che sono legati, anche economicamente, alla società privata che gestisce la piattaforma Rousseau su cui si eserciterebbe la “democrazia diretta”. L’opposto esatto della libertà di scelta che la Costituzione garantisce ai rappresentanti eletti dal popolo sovrano mediante l’assenza del “vincolo di mandato”.
Ed è proprio al voto online su Rousseau che il capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio intendeva delegare la decisione sull’incarico a formare un nuovo governo, sovvertendo in questo modo la prassi istituzionale, il rapporto di fiducia tra governo e parlamento, il rispetto che ogni singolo politico che rappresenta le istituzioni deve mostrare alla Costituzione ed al Presidente della Repubblica.
Potremmo poi parlare della trasparenza e della veridicità del voto, della manipolazione e sicurezza informatica, del subordinare l’azione politica ad un contratto privatistico tra parlamentare e una società di diritto privato: per esempio anche il Garante della privacy si è espresso affermando che il sistema di voto online ha ancora due grossi problemi: non garantisce l’anonimato a chi vota e non impedisce che il risultato finale venga manipolato. In altre parole i risultati delle votazioni restano esposti ad accessi ed elaborazioni di vario tipo, che vanno dalla mera consultazione a possibili alterazioni o soppressioni; e poi on è per nulla possibile identificare eventuali responsabili di tali alterazioni poiché la condivisione delle credenziali impedisce di attribuire le azioni compiute in un sistema informatico a un determinato incaricato, con pregiudizio anche per il titolare, privato della possibilità di controllare l’operato di figure tecniche.
Oltre però le evidenti fragilità del sistema informatico, la miapreoccupazione si annida anche nella mancanza di linearità e coerenza di chi si professa trasparente e trasparente nei fatti non è, di chi invoca la legalità e che nei fatti viola la prassi costituzionale, di chi dice di essere un dipendente dei cittadini e che nei fatti tutto sta facendo tranne gli interessi di quei cittadini che ad oggi non sanno più a che Santo votarsi, se non al Sacro Cuore Immacolato di Maria.