Torna alla ribalta il prestito d’onore per consentire agli studenti di accedere all’Università. Ma è una via piena di trappole e di pericoli, perché può portare a ridurre il sostegno dello Stato agli studenti bisognosi, aggravando il problema invece di risolverlo. Per questa ragione l’Unione degli universitari si oppone e chiede di seguire la via maestra: stanziare più fondi pubblici per il diritto allo studio.
Il caso era esploso la scorsa estate con il questionario inviato agli studenti in cui si chiedeva di esprimere un parere in merito alla possibilità di accingere ad un fondo per gli studenti. Poi un anno di lavoro nel silenzio. Ora i prestiti d’onore nell’università italiana tornano alla ribalta.
A giustificare lo strumento finanziario i dati secondo i quali la mancanza di sostegno finanziario è una delle ragioni alla base del calo di iscrizioni e del basso numero di laureati negli atenei italiani soprattutto nel Mezzogiorno, dove l’assenza di studi si traduce anche in tassi di disoccupazione superiori alle medie italiane e europee.
Il dicastero ha deciso di proseguire sulla strada tracciata dai predecessori ed è alla ricerca degli intermediari finanziari, banche o istituti di credito.
L’obiettivo di viale Trastevere è quello di arrivare alla proposta di legge entro dicembre. Per poi partire con la sperimentazione dal prossimo anno.
La fretta è legata al fatto che i prestiti d’onore verranno finanziati con 100 milioni di euro di fondi europei PON vincolati a “investimenti in capitale umano” stanziati nel periodo 2014-2020. Queste risorse sono, in realtà, disponibili oggi per una procedura fatta partire dal governo Gentiloni. Nonostante le nette contrarietà delle associazioni studentesche, il Ministero sembra voler tirare dritto per non perdere i finanziamenti.
La sperimentazione interesserà otto regioni del Sud Italia: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia.
Da quanto si legge nelle bozze di lavoro, il prestito può arrivare a finanziare fino a 10mila euro l’anno di spese e andrebbero rimborsati entro 30 anni.
I prestiti verranno concessi a studenti fino all’esaurimento dei 100 milioni di fondi. Poi? Nulla, chi prima arriva meglio alloggia.
Ancora non sono chiare le condizioni finanziarie a garanzia del fondo, e neppure i costi. Le banche che attualmente erogano prestiti d’onore privati lo fanno, ovviamente, “a prezzi di mercato”. Nella proposta di legge del governo non dovrebbero essere applicati tassi di interesse alle famiglie, mentre è ancora allo studio la possibilità di abbattere anche i costi di gestione.
Ma quali benefici porterà? E quali problemi? Gli studenti temono che possa ripetersi in Italia ciò che è accaduto negli Stati Uniti, dove i prestiti universitari hanno prodotto 1560 miliardi di debiti e la bolla è esplosa. A oggi, secondo uno studio di Federconsumatori, quasi 900 mila famiglie si sono indebitate con le banche per pagare gli studi ai propri figli già dal liceo. Il timore, per le organizzazioni studentesche, è dunque che una volta terminati i fondi Pon vincolati, il ministero sposti sui prestiti d’onore risorse destinate a investimenti strutturali, considerato che la platea delle persone in difficoltà esiste ed è ampia, in particolare nel Sud Italia.
«Il nostro no è chiaro, non vogliamo alcuna misura sperimentale che col tempo possa poi diventare strutturale” afferma dunque Enrico Gulluni, coordinatore dell’Unione degli Universitari: “Servono 150 milioni di euro per il diritto allo studio per eliminare la figura tutta italiana dell’idoneo non beneficiario, e poi da lì va finanziato tutto il sistema per aumentare le borse; inoltre vanno abbassate le tasse universitarie. Questo è un vero sostegno per gli studenti che abbandonano l’università o che non si iscrivono a causa di problemi economici. La soluzione non è invece quella di istituire un fondo a cui uno studente può accedere solo indebitandosi per permettersi gli studi. Lo strumento del prestito d’onore – conclude – è stato fallimentare ovunque sia stato utilizzato; ha creato vere e proprie bolle economiche; senza contare l’incubo dei debiti per tutti gli studenti che non sono riusciti a ripagare quanto preso in prestito una volta conclusi gli studi».