Dopo 10 anni di governo l’era de Magistris a Napoli volge al termine e con il prossimo giugno, la città sarà chiamata ad eleggere un nuovo sindaco, non essendo più l’attuale inquilino di Palazzo San Giacomo rieleggibile dopo due mandati.
Diciamo subito che nel bilancio dell’esperienza occorre rilevare come quasi da subito malgrado l’elezione con Italia dei Valori, complice la progressiva estinzione del movimento di Antonio Di Pietro, il Sindaco è risultato essere espressione di se stesso, senza mai avere un vero partito alle spalle , ne tanto meno ha mai cercato in questi anni l’ingresso in qualche famiglia politica, restando sempre sostanzialmente isolato politicamente.
Inoltre lo stesso movimento da lui fondato Dema, in fin dei conti si è rivelato, dispiace dirlo ma è la verità, come una semplice macchina politica per garantirgli la rielezione, una semplice lista del candidato Sindaco, per essere chiari e non ha mai avuto un reale sviluppo nemmeno a livello locale.
Impegnato nell’amministrazione quotidiana della città e nella continua lotta a cercare di sopravvivere, il nostro non ha potuto dedicarsi alla sua creatura che avrebbe potuto essere il suo trampolino di lancio nazionale, come lo fu a suo tempo la Rete per Leoluca Orlando
Di conseguenza de Magistris, non ha mai avuto una maggioranza politica realmente tale, vale a dire di consiglieri comunali inseriti all’interno di un partito e come tali legati alle logiche di questo, ma si è trovato al cospetto di un gruppo spesso composto da neofiti della politica o di soggetti che rappresentavano poco più che se stessi.
Si aggiunga che è sempre mancata la volontà di fare qualsiasi alleanza il che ha comportato lasciare nelle mani del Sindaco e della sua variopinta ed istrionica maggioranza il peso delle scelte politiche in città, laddove un alleato avrebbe potuto effettuare un sano condizionamento di cui si sarebbe giovata la città.
Città che per l’intera durata della gestione Dema è risultata sostanzialmente isolata, poiché l’unica in cui sia il centro sinistra che il centro destra erano entrambi all’opposizione, compresa anche la cosiddetta sinistra alternativa o radicale che al di là di qualche timido tentativo è anch’essa rimasta fuori da qualsiasi logica di governo locale.
Tale situazione è certa attribuibile ai partiti che a livello locale soprattutto il PD non hanno mai avuto alcuna interazione con l’attuale Sindaco, con una gestione della propria opposizione tesa solo a contestare, mentre sarebbe stato opportuno, tenuto conto dell’assenza di un partito alle spalle, cercare di intavolare un dialogo che sarebbe stato proficuo per entrambe le parti.
Del resto l’ex PM per parte sua non ha mai concretamente cercato un dialogo con il Partito Democratico ne tanto meno un accorso di non belligeranza: non da oggi con rapporti mai facili.
Apice la segreteria di Matteo Renzi, con il quale le scintille non sono mancate, inferiori forse solo a quelle oggi in essere con Vincenzo De Luca; l’allora segretario Dem era accolto in città da slogan come “Napoli città derenzizzata” , ricambiando con esplicite critiche al modo in cui la città era amministrata.
Si è sempre pensato che Dema, fosse un fenomeno temporaneo e che presto o tardi il partito si sarebbe ripresa la guida della città e che fosse sostanzialmente inutile qualsiasi interlocuzione con l’ex PM, che intanto ha governato la città per due mandati.
Peggio con i governi di centro destra anche se più limitati nel tempo, ovvero il Berlusconi quater o il primo Conte o tecnici come l’esecutivo Monti, verso i quali sia pur essendo l’amministrazione de Magistris un ente locale e quindi in teoria esente per sua natura da qualsiasi considerazione ideologica, vi è stato un rapporto impostato sin dall’inizio verso la più profonda contestazione.
Certo visti da sinistra certi esecutivi erano alquanto improponibili ma è indubbio che un Sindaco avrebbe dovuto cercare un dialogo nell’interesse della sua comunità, separando le due cose. Invece de Magistris ha sempre rimarcato, le differenze ideologiche portando sul palcoscenico cittadino, temi che invece avevano una valenza più ampia: si dirà che questa fosse una strategia politica tesa ad assicurarsi visibilità ed un ruolo sulla scena politica nazionale e quindi il Sindaco aveva interesse a tenere un certo comportamento.
Profonda eco in tal senso i contrasti con un altro Matteo questa volta Salvini, con il quale il buon Giggino ha ingaggiato un duello verbale senza fine, degno (sia pur nella sua legittima condivisione) più di un leader dell’opposizione che di un sindaco.
Legittimo dal punto di vista politico e comprensibile se si tiene conto dei limiti della durata politica del mandato di un primo cittadino (massimo 10 anni), meno corretto dal punto di vista degli interessi della città che volente o nolente all’epoca si doveva rapportate con un governo di centro destra. In ogni caso tutta la polemica soprattutto nella fase del governo gialloverde non ha garantito al Sindaco alcun posizionamento sulla scena nazionale ne a lui ne tanto meno al suo movimento e qui resta da capire se per errori del diretto interessato, restando un qualcosa privo di concreta rilevanza.
Spesso per la verità l’azione di Luigi de Magistris è stata improntata ai toni retorici, su temi di impegno civile e di rilevanza nazionale quale quello dei diritti civili e del popolo palestinese, temi che però non sono di competenza di un amministratore locale sia pur nella loro sensibilità.
Con la regione durante il periodo Caldoro i rapporti sono stati improntati alla correttezza e al reciproco rispetto laddove invece la questione merita valutazioni differenti è a partire dall’elezione alla Presidenza della Regione Campania di Vincenzo De Luca.
Una vera e propria incompatibilità personale non solo politica che alla fine si è tradotta in una sostanziale blackout politico tra Regione e Comune con l’assenza di una qualsiasi politica di coordinamento per gli interessi della città, la quale ha pagato e paga e pagherà sulla sua pelle tutto ciò.
Tuttavia una cosa è sicura: il Sindaco in nome della sua sopravvivenza politica ha commesso ripetutamente l’errore di scendere a compromessi, questo sin dall’inizio laddove ha compreso come molti altri dopo di lui che i programmi politici devono fare i conti con la realtà
Errore ripetuto nel tempo con continui cambi di assessori dapprima per evitare problemi alla maggioranza e poi per trovarne una di volta in volta differente allorquando i numeri dell’assemblea comunale hanno cominciato ad abbandonarlo e quindi occorreva procedere a qualche cambio nella squadra di governo per assicurarsi ancora i numeri giusti in aula.
Intendiamoci nulla di scorretto ma forse anche per assicurarsi anche lui un futuro politico realmente solido, de Magistris avrebbe fatto molto meglio a proseguire per la sua linea politica e senza tanti cambi in giunta: certo con ogni probabilità sarebbe già a casa da tempo, ma avrebbe guadagnato una credibilità molto maggiore e si sarebbe potuto tranquillamente ripresentare sulla scena politica.
Invece ha scelto una strada differente che certamente gli ha garantito di sopravvivere o meglio galleggiare in questi anni, ma a costo di danneggiare la città e anche se stesso, tant’è che oggi il suo futuro politico è una vera incognita.
Certo riuscire a rimanere a Palazzo San Giacomo per 10 anni senza una vera maggioranza e senza mezzi, isolato da tutto e da tutti è stata una grande prova, ma visto il quadro politico del tutto fine a se stessa della quale come visto non si è giovato nemmeno il diretto interessato. Insomma in definitiva una vera anomalia, che per vari motivi è stata resa possibile.
In primo luogo la mancanza di una vera classe politica locale, per cui l’attuale Sindaco non ha mai avuto reali avversari al momento delle elezioni e si è sempre trovato al cospetto di un consiglio comunale, ci si perdoni, non di primo livello per cui nemmeno in aula ha avuto mai eccessivi problemi, riuscendo sempre a trovare il giusto compromesso politico per proseguire la sua avventura.
In secondo luogo, spiace dirlo ma è la verità a livello nazionale sia da sinistra che da destra è mancato un reale interesse verso Napoli e di conseguenza la volontà di affrontare i tanti problemi della città.
Come si spiega altrimenti per dire che il centro destra abbia puntato sia nel 2011 che nel 2016 sempre sullo stesso candidato? per carità Gianni Lettieri è un imprenditore che ha dato prova di se stesso e delle sue capacità ma riesce difficile pensare che all’interno dello schieramento non si sia mai trovato qualcuno in grado di competere con Luigi de Magistris e che non vi sia mai stato un politico con rilevanza nazionale a farlo.
Analoghe considerazioni per lo schieramento del centro sinistra in cui il PD partito che in città aveva dettato legge per anni con Antonio Bassolino, non sia stato mai in grado di arrivare nemmeno al ballottaggio, con le primarie sempre al centro di un vero e proprio caso in entrambe le elezioni.
Il movimento 5 stelle in passato non è stato mai della partita per palazzo San Giacomo come del resto oggi nonostante la tentazione di Fico candidato Sindaco e comunque non ha dato mai l’impressione di voler realmente radicarsi come forza di governo a Napoli.
Insomma si sta per chiudere un decennio di governo in città, un vero e proprio ciclo politico che altrove avrebbe prodotto una discussione ben più ampia mentre a Napoli si chiude come già accaduto per Rosa Russo Iervolino in modo stanco, frutto di un consiglio e di una giunta che anche questa volta si sono trascinati per anni. Questo è ciò che dovrebbe far riflettere: una città dove il copione è sempre lo stesso da troppo tempo.