La Prima Pietra

COVID-19: LE MASCHERE FACCIALI E L’IMMUNITÀ DI POPOLAZIONE

Estratto da: Gandhi M & Rutheford GW, N Eng J Med 2020; DOI: 10.1056/NEJMp2026913 (https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMp2026913)

ll mondo sta ancora aspettando un vaccino contro il coronavirus sicuro ed efficace. Ma un nuovo lavoro pubblicato l’8 settembre su New England Journal of Medicine, e firmato da due ricercatori di University of California at San Francisco, Monica Gandhi e George Rutherford, ora suggerisce che miliardi di persone potrebbero già utilizzare una sorta di vaccino surrogato: le maschere per il viso.

POSTULATO E TEORIA

La teoria è che filtrando le goccioline di coronavirus trasportate dall’aria e riducendo così la dose di SARS-CoV-2 che una persona inala, le infezioni hanno molte meno possibilità di produrre sintomi.

SARS-CoV-2 ha la capacità proteiforme di causare una miriade di manifestazioni cliniche, che vanno dalla completa mancanza di sintomi alla polmonite, fino alla sindrome da distress respiratorio acuto e alla morte. Recenti dati epidemiologici ed ecologici prodotti dalla stessa ricercatrice, hanno portato all’ipotesi che il mascheramento del viso non è solo funzionale a proteggere gli altri, ma possa anche ridurre la gravità della malattia tra le persone che vengono infettate. Questa possibilità è coerente con un postulato di vecchia data sull’origine delle malattie virali (che risale all’epoca degli esperimenti sul vaccino per il vaiolo), che sostiene che la gravità della malattia virale è proporzionale all’inoculo virale ricevuto. Nelle infezioni virali in cui le risposte immunitarie dell’ospite giocano un ruolo predominante nell’aggravamento del quadro clinico, alte dosi di inoculo virale possono sopraffare e disregolare le difese immunitarie innate, aumentando la gravità della malattia. Come prova del rapporto tra carica virale e gravità della malattia anche nel caso di infezione da SARS-CoV-2, dosi più elevate di virus hanno portato a manifestazioni più gravi di COVID-19 in esperimenti su criceti siriani.

Se la carica virale è uno dei fattori importanti (ma certamente non l’unico) nel determinare la gravità dell’infezione da SARS-CoV-2, poiché le maschere possono filtrare alcune goccioline contenenti virus (con capacità di filtraggio determinata dal tipo di maschera), indossare una maschera facciale potrebbe ridurre l’inoculo che una persona esposta inala. Se questa teoria – che rimane in gran parte una teoria – fosse confermata, il mascheramento esteso a livello di popolazione, con qualsiasi tipo di maschera che aumenti l’accettabilità individuale e quindi il suo utilizzo, potrebbe contribuire ad aumentare la percentuale di infezioni da SARS-CoV-2 che rimangono asintomatiche.

Il tasso tipico di infezione asintomatica da SARS-CoV-2 è stato stimato essere del 40% dal Center for Diseases Control (CDC) Americano a metà luglio, ma i tassi di infezione asintomatica sono riportati essere superiori all’80% in ambienti con mascheramento facciale universale. In un’epidemia su una nave da crociera argentina, in cui ai passeggeri sono state fornite maschere chirurgiche e il personale ha usato maschere KN95, il tasso di infezione asintomatica è stato dell’81% (rispetto al 20% nei precedenti focolai su navi da crociera senza mascheramento universale). In due recenti focolai in stabilimenti di trasformazione alimentare degli Stati Uniti, in cui a tutti i lavoratori sono state rilasciate maschere ogni giorno, ed è stato richiesto di indossarle, la percentuale di infezioni asintomatiche tra le oltre 500 persone che sono state infettate è stata del 95%, con solo il 5% con sintomi da lievi o moderati e nessun caso grave. I tassi di mortalità nei paesi con mascheramento obbligatorio o forzato a livello di popolazione sono rimasti bassi, anche con la recrudescenza dei casi dopo la revoca del lock down. Un altro esperimento, condotto in criceti siriani, ha simulato il mascheramento chirurgico degli animali e ha mostrato che, con il mascheramento simulato, i criceti avevano meno probabilità di essere infettati e, se venivano infettati, erano asintomatici o avevano sintomi più lievi rispetto ai criceti smascherati. Questi dati forniscono un solido sostegno, ma solo osservazionale, per l’ipotesi che l’utilizzo delle maschere facciali favorisca la diffusione di un’infezione asintomatica e possa aiutare a raggiungere un’immunità di popolazione indipendente dalla vaccinazione.

AZIONI ED OBBIETTIVI

Il modo più ovvio per risparmiare alla società gli effetti devastanti del COVID-19 è promuovere misure per ridurre sia la trasmissione che la gravità della malattia. Ma il virus SARS-CoV-2 è altamente trasmissibile, non può essere contenuto dalla sola sorveglianza basata sui soggetti che sviluppano sintomi, e si sta dimostrando difficile da eradicare, anche nelle regioni che hanno implementato rigide misure di controllo iniziale.

Nonostante le preoccupazioni riguardanti la sicurezza, la distribuzione mondiale e il livello di efficacia, il mondo nutre grandi speranze per un vaccino SARS-CoV-2. All’inizio di settembre, 34 vaccini sperimentali erano in corso di valutazione clinica, con centinaia di altri in fase di sviluppo. Le speranze sui vaccini non riguardano solo la prevenzione della malattia, ma anche (e specialmente, io direi) la riduzione della sua gravità. Infatti, la maggior parte degli studi sui vaccini include anche, come esito positivo secondario, la riduzione della gravità della malattia, perché comunque aumentare la percentuale di casi in cui la malattia è lieve o asintomatica sarebbe una vittoria per la salute pubblica. La comunicazione su che cosa ci si aspetta dai vaccini non è stata finora chiara e secondo me ha alimentato molte illusioni.

Mentre attendiamo i risultati delle sperimentazioni sui vaccini, qualsiasi misura di salute pubblica che possa aumentare la percentuale di infezioni asintomatiche da SARS-CoV-2, e ridurre il numero di infezioni gravi dovrebbe essere fortemente promossa. Nelle ultime settimane sono emersi dati promettenti che suggeriscono che anche un’infezione lieve o asintomatica da SARS-CoV-2 induce una buona risposta immunitaria. Quindi qualsiasi strategia di salute pubblica che possa ridurre la gravità della malattia potrebbe aumentare anche l’immunità a livello di popolazione.

Per verificare l’ipotesi che il mascheramento a livello di popolazione è una di queste strategie, abbiamo bisogno di ulteriori studi controllati, per confrontare il tasso di infezione asintomatica in aree con e in aree senza mascheramento universale.

Ma abbiamo bisogno specialmente di una comunicazione efficace, costante e penetrante che induca anche i più scettici a proteggere se stessi per proteggere anche gli altri.

 

Image by Alexandra_Koch from Pixabay

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