Che l’epidemia abbia cominciato la sua parabola discendente sembra abbastanza chiaro. La figura 1 mostra il numero di soggetti positivi al tampone effettuato sul territorio nazionale tra il 24 Febbraio ed il 12 Aprile e mostra un plateau-discesa che possiamo ritenere cominciato intorno al 22 Marzo.

Le due linee rappresentano rispettivamente la curva di ascesa esponenziale fino al picco epidemico (linea rossa) e la fase di plateau-discesa (linea verde) e rappresentano equazioni non lineari.

FIGURA  1

Le oscillazioni del numero dei nuovi casi accertati a partire dal 22 Marzo sono molto più accentuate che nella fase di ascesa al picco epidemico.

RAPPORTO CASI/TAMPONI

La figura 2 suggerisce che il numero di casi accertati potrebbe essere influenzato dalla variazione nel tempo del numero di tamponi giornalieri, almeno nel periodo dell’ascesa della curva epidemica, fino al 22 Marzo. A partire dal 22 Marzo, il numero di casi accertati non ha seguito più l’andamento dei tamponi giornalieri.
Malgrado la crescita giornaliera del numero di tamponi, che aumenta progressivamente con la durata dell’epidemia, fino a superare i 50.000 a partire dall’8 Aprile, non è chiaro quali sono i criteri con cui i tamponi vengono effettuati. E’, tuttavia, chiaro che questa arbitrarietà rende il dato sui casi accertati quanto meno dubbio. In linea di massima, anche sulla base di una serie di estrapolazioni sulla reale incidenza dell’infezione, se si effettuano più tamponi si trovano più contagiati.

FIGURA  2
E’ ipotizzabile che l’aumento non coordinato del numero dei tamponi possa avere influenzato e stia influenzando la reale consistenza del numero dei nuovi contagiati. Il declino della curva epidemica già accennato nella figura 1 potrebbe essere differente da quanto non compaia dall’esame dei numeri assoluti, che non tengono conto della crescita nel tempo del numero di tamponi.

Su queste basi, una misura più corretta dell’impatto giornaliero dell’epidemia potrebbe essere data dal rapporto tra numero di nuovi casi accertati e numero di tamponi giornalieri. La figura 3 mostra il numero di casi accertati giornalieri espresso come percentuale del numero di tamponi effettuato. Quando il numero di casi identificati di giorno in giorno si relaziona con il numero di tamponi effettuato quel giorno, ci si accorge che l’incidenza relativa di nuovi casi di COVID-19 ha imboccato, in modo chiaro e stabile, la fase discendente tra il 20 ed il 22 Marzo, per tornare alla proporzione di casi accertati della fine di febbraio. Una volta raggiunto il picco epidemico (tra il 20 e 22 marzo), la percentuale di casi accertati in relazione al numero di tamponi scende in maniera più evidente di quanto possa essere visto dal numero assoluto dei casi accertati giornalieri.

FIGURA  3
E’ interessante osservare come dal momento dell’inizio del lock down (9 Marzo) all’inizio della fase discendente della curva epidemica, passino 11-13 giorni, un tempo molto vicino al tempo massimo stimato di incubazione dell’infezione da SARS-CoV2. Questa è una prova dell’efficacia dei provvedimenti di contenimento messi in essere dalle regioni su indicazione del governo.

L’efficacia di tali provvedimenti è difficile da cogliere nella sua interezza, perché l’aumento non coordinato del numero di tamponi sul territorio e, specialmente, la mancanza di criteri epidemiologici univoci e logici sulla base dei quali effettuarli, ha inserito un elemento di importante confusione nella valutazione dell’andamento del contagio, e nella comprensione piena della curva epidemica, già rese difficilissime per mancanza di uno screening di massa che accerti la reale presenza del virus in popolazione (incidenza e prevalenza).

ANARCHIA REGIONALE.

Perché è accaduto questo? Perché è mancato un coordinamento centrale, come ripetutamente richiesto dal Prof. Walter Ricciardi, ed ogni Regione ha seguito criteri arbitrari per decidere il numero di tamponi da eseguire ed a chi eseguirli.

Come si vede nella figura 4, già a partire dal 1° Marzo una dispersione notevole del campionamento giornaliero era evidente, dovuta essenzialmente alle regioni evidenziate con i pallini pieni, Lombardia, Veneto, e Lazio (quest’ultima in modo più caotico), a cui si aggiungono, dopo il 15 Marzo, anche Emilia-Romagna, Piemonte e Toscana. Dopo il 15 Marzo si assiste ad un massivo aumento del numero di tamponi principalmente in queste regioni.

FIGURA  4

La figura 5 mostra che, salvo il caso Lombardo, in cui l’elevato numero di tamponi potrebbe essere stato indotto dalla incontrollabilità dell’epidemia e dal collasso del sistema sanitario, negli altri casi è molto più probabile che l’incremento del numero dei casi accertati sia stata indotta dal ricorso ad un arbitrario aumento del numero di test, non programmata sulla base di criteri epidemiologici certi.

Nella figura 5 è anche visibile la campana della curva epidemica in Lombardia a partire dal 22 Marzo, un’ulteriore prova dell’efficacia del lock-down adottato due settimane prima. Va anche osservato una tendenza alla risalita del numero assoluto dei nuovi casi accertati a partire dall’8 Aprile, funzione chiara, tuttavia, del sostanziale aumento del numero dei tamponi evidenziato nella figura 4.

FIGURA  5

L’anarchia con cui gli enti regionali si sono mossi, grazie ai poteri che sono stati loro conferiti dalla modifica del titolo V della nostra Costituzione, in aggiunta ad altri gravi problemi generati dalla gestione locale, ha quindi gravemente inquinato il campo del data-management, ed ha impedito una più adeguata analisi dell’andamento dell’epidemia. Questa cosa era chiara fin dall’inizio, ma gli appelli del Prof. Ricciardi ad un’unica linea di comando sono stati del tutto ignorati.

E’ chiaro che, sulla base di questi dati, le informazioni relative all’andamento dei contagi su scala nazionale vanno valutate con estrema prudenza.

Secondo l’analisi che ho sviluppato, l’andamento dell’epidemia da SARS-CoV2 mostra una fase calante che va oltre le aspettative generate dall’esame dei contagi che non tiene conto del bias generato dalla variabilità del numero di tamponi giornalieri. Secondo questa analisi stiamo attraversando una fase delicatissima nella quale il rischio di allentare le misure di contenimento è elevato. In questo momento, sarebbe catastrofico abbassare la guardia, perché la forza di una ripresa dell’epidemia potrebbe non essere più contenibile.

CONCLUSIONI.

Va sottolineato che non necessariamente il risultato che propongo nella figura 3 rappresenta la verità, ma, d’altra parte, non era questo lo scopo primo di quest’articolo.

Il mio scopo primario era dimostrare quanto l’arbitrario e disordinato screening messo in atto dalle Regioni in modo autonomo possa aver inficiato ed ancora infici il monitoraggio della curva epidemica e possa influenzare decisioni di carattere generale.

Questo atteggiamento, purtroppo consentito dal Titolo V della nostra Costituzione, avrebbe potuto essere mitigato se non avessero prevalso ragioni di tipo politico-elettoralistico. Certamente alcuni Presidenti di Regione hanno, nel disordine e nella confusione, centrato meglio l’obbiettivo di contenere il contagio (penso a Zaia, a De Luca), ma al costo di un’accondiscendenza al disordine cui hanno partecipato, che sta danneggiando il paese, anche in termini di prospettiva.

Sicuramente il test con i tamponi (che al momento è il più affidabile) va implementato, ma in maniera finalizzata all’individuazione di cluster epidemici, come già sostenuto in un mio articolo precedente, partendo da tutti i soggetti che presentano sintomi compatibile con COVID-19, fino a risalire a tutti i contatti di primo livello e successivamente identificare quelli di secondo livello (i contatti dei contatti che risultano positivi), e così via fino a chiudere il cluster.

Per fare questo ci vogliono molte risorse, economiche ed umane, ma temo che non ci sia un’altra possibilità se vogliamo andare avanti ed uscire dallo stallo.
Se si vuole veramente mettere mano ad una fase 2 che consenta di convivere con il virus, bisogna che il disordine indotto dall’anarchia regionale abbia fine e che diventi imperativo mettere in essere un piano di screening su basi epidemiologiche solide, che coinvolga omogeneamente tutto il paese.

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