Ci riprovano. Il ministro per gli Affari Regionali, Gelmini, d’accordo (formale o di fatto) con i presidenti di alcune regioni (di colore politico diverso, leghista, centro-sinistra, centro-destra) porta avanti lo smantellamento della Repubblica, introducendo forme di regionalismo differenziato.
In un frangente così pericoloso e drammatico, per l’Italia e tutto il mondo (pandemia, guerra, crisi economica), le forze di destra chiedono l’abolizione del RdC, e si oppongono alla definizione di un salario minimo garantito (recentissima notizia, nei prossimi giorni il Bundesrat tedesco approverà la cifra MINIMA di 12 euro l’ora; il principio del salario minimo sarà direttiva della UE, ancorché non vincolante per i paesi membri), ma, nel contempo, le stesse forze politiche vanno avanti nella “secessione dei ricchi”.
Secondo notizie di stampa, la lombarda Gelmini sta accelerando (per fine luglio vorrebbe il provvedimento addirittura approvato) con la legge quadro, che avrebbe discusso con i presidenti di Veneto (Zaia, leghista), Lombardia (Fontana, leghista), Emilia-Romagna (Bonaccini, PD), a cui sembra si aggiungano Piemonte (Cirio, Forza Italia) e Toscana (Giani, PD). L’articolo 4 del provvedimento prevederebbe che le risorse finanziarie necessarie all’esercizio, da parte della Regione, delle funzioni trasferite, siano determinate nell’intesa dall’ammontare della spesa storica sostenuta dalle amministrazioni statali della regione interessata per l’erogazione dei servizi pubblici oggetto di devoluzione. E ancora. Le Regioni interessate alla autonomia, ricevendo esattamente la quota corrispondente alla spesa storica, sarebbero così incentivate ad “efficientare” (che brutta parola, eh?) l’esercizio delle funzioni trasferite al fine di trattenere le risorse risparmiate. E la coesione e solidarietà nazionale? E la perequazione? E i LEP?
In tal modo tali regioni NON PARTECIPEREBBERO AL PROCESSO PEREQUATIVO NAZIONALE, in nome di una vera o presunta efficienza (che andrebbe dimostrata) delle loro regioni che per decenni hanno ricevuto più risorse di quante ne avrebbero dovute ricevere. La drammatica esperienza di pessima gestione, da parte delle regioni, della epidemia di Covid, sembra non voler insegnare niente.
Oltre all’ossimoro “applichiamo una perequazione … al 50%” (attualmente è così!), uno studio della SOSE, agenzia del MEF, ha stilato una classifica della “qualità” dei servizi offerti dai Comuni italiani. Si scopre ad esempio che Venezia è molto avanti, come lo sono Milano, Torino ed in genere tutte o quasi le città del Nord (e del Centro); in coda, le città del Sud, da Napoli a Bari a Foggia, ecc … . Fin qui, … come da copione. Sono cose che si sanno.
La SOSE però fa anche un’altra operazione: ”normalizza” questa “qualità” in base ai finanziamenti che ha ciascun comune, stimando così “l’efficienza”, qualità dei servizi rispetto a soldi ricevuti. Si scopre allora che l’efficienza di Foggia, Napoli, Bari, ecc.., che viaggiano in fondo alla classifica di qualità, raggiunge ai primi posti della classifica comuni, chessò, come Torino, e supera di gran lunga tanti altri, Venezia inclusa …: l’efficienza di Foggia o Napoli è uguale se non migliore di quella di tanti Comuni del Nord. Può venire in mente: se dessimo a Napoli e Foggia gli stessi soldi che diamo a Venezia e Torino, otterremmo risultati (in qualità) uguali se non migliori. Ma questo … i politici, la stampa, lo tengono ben nascosto.
Obiettivo di Gelmini, ancora, è “blindare” questo testo, informando e discutendo con i vari partiti e gruppi parlamentari (sembra lo stia facendo in questi giorni), in modo da evitare sorprese in sede di approvazione. Un testo che esautora del tutto il parlamento: una volta approvata in CdM, la legge darebbe mandato al ministro Gelmini stesso di stilare l’accordo con le varie regioni; dopodiché, si sottoporrebbe per un parere tale accordo alla cosiddetta “bicameralina”, la Commissione Bicamerale per le Questioni Regionali, sulla base delle cui osservazioni poi, di concerto con le singole regioni, ministro per gli Affari Regionali e singola regione interessata (l’accordo è uno-a-uno!) stilerebbero il testo definitivo, che andrebbe poi alla Camere per mera (testuale!) approvazione. E, per non lasciar adito a dubbi, nel provvedimento ci sarebbe scritto, nero su bianco: “Le Camere deliberano senza possibilità di approvare emendamenti”. Insomma, approvare come hanno deciso ministro e regione interessata.
Penso che le forze democratiche, di sinistra, progressiste, o meglio, le parti più illuminate di tali forze, debbano rivolgersi direttamente al presidente Draghi ed ottenere “spiegazioni” e “rassicurazioni” su questo “eversivo” iter. Le parole di Draghi a Sorrento ed in altre occasioni, anche quelle pronunciate alle Camere il giorno del suo insediamento, non restino solo parole. Così come quelle, anch’esse apprezzabili, del ministro Carfagna. Deve essere chiaro che la posta in gioco è alta: si tratta di una potenziale divisione (addirittura normata per legge) del paese in ue parti: una “ricca”, (sedicente) produttiva e dinamica, l’altra “colonia “estrattiva”, dalla quale attingere risorse, PIL, cervelli, mano d’opera. La lezione che ci insegnano autorevoli e prestigiosi economisti, che il Paese si salva e va avanti se il Mezzogiorno va avanti. Non sembra essere comprensibile ai fautori del PUN (Partito Unico del Nord) che, in ogni caso, quand’anche vittorioso nell’immediato, trascinerebbe a fondo l’intero Paese già nel medio periodo.
Parti del PD (penso ad esempio al vicesegretario Peppe Provenzano o al ministro Orlando), dei 5S (Conte, Fico, parlamentari campani come Presutto e Ricciardi), Articolo UNO (il ministro Speranza, i parlamentari meridionali e meridionalisti come Federico Conte, lo stesso Errani, con il quale si può discutere, perché difende le ragioni di solidarietà e coesione nazionale, e altri) sono a mio avviso “arruolabili” in una lotta alla secessione dei ricchi. E si può sfruttare la lotta di posizionamento interno tra l’ala nordista-tradizionale e quella meridionalista di Forza italia … (penso, sia pure tutta all’interno di un partito di centro-destra, alla contrapposizione Carfagna-Gelmini)
Chiedendo ai parlamentari e membri del governo che hanno davvero a cuore l’unità del Paese, di farsi interpreti nei confronti del presidente del consiglio Draghi in primis (e dei ministri interessati, certo) di questo disagio, di questa contrarietà, davanti ad un provvedimento antistorico, antidemocratico, che spaccherebbe il paese, e che stravolge spirito e lettera della Costituzione, ritengo che si debba chiedere chiedere, con forza, che si lavori per confermare, e migliorare se necessario, il RdC, e per istituire il salario minimo garantito, e soprattutto che si faccia chiarezza anche sulla questione autonomia differenziata, fermandone la corsa, stabilendo che senza Lep non si può neanche parlare di autonomia, e ancora che su alcune materie NON può essere consentita nessuna autonomia: tutela della salute e servizio sanitario nazionale; tutela e sicurezza del lavoro; scuola, università, ricerca scientifica e tecnologica; reti nazionali e interregionali di trasporto e di navigazione; porti e aeroporti civili di rilievo nazionale e interregionale; reti e ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale e interregionale dell’energia.