Agli inizi degli anni novanta la scena politica italiana fu letteralmente sconvolta dall’ingresso nell’agone politico della lega Nord, allora capitanata da Umberto Bossi, che si batteva per una secessione delle regioni del nord .
In modo lento , ma inesorabile , lungi dall’essere un fenomeno temporaneo o peggio diremo “ di baraccone” , la lega ha innescato un processo di decentramento dei poteri dallo stato centrale agli enti locali.
Enti che a cominciare dalle regioni , si sono visti attribuire poteri che non avevano mai avuto prima, con un trasferimento di competenze sempre più ingente , fino ad arrivare ai giorni nostri con la richiesta di alcune regioni, ovvero Lombardia , Piemonte e Veneto di vedersi attribuite competenze sempre più ampie in materie come l’istruzione o la cultura o piuttosto la giustizia di Pace, oltre a trattenere uno quota più ampia del gettito fiscale raccolto sui propri territori.
Negli anni il tema dell’autonomia ha subito una sua evoluzione che lo ha portato ad essere tale , ovvero con una richiesta di maggiori competenze , partendo dall’idea di una vera e propria secessione dallo stato italiano.
Come non ricordare in tal senso i tempi , in cui nel carroccio si chiedeva la nascita della padania e si creò anche una vera e propria assemblea definito altresì anche parlamento padano?
Si dirà che erano tutti slogan , mere chiacchiere prive di qualsiasi concretezza , vero , aggiungiamo che erano uno dei semi del populismo che oggi impera.
Tuttavia c’è dell’altro , poiché quei comportamenti hanno consentito di poter introdurre nel sistema politico italiano , debole dopo tangentopoli e nell’opinione pubblica del paese la questione dell’autonomia delle regioni.
In poche parole , pian piano il tema è diventato centrale e fatto strano , per il nostro paese, sono seguite azioni concrete, ovvero con sempre maggiori competenze.
Non a caso è degli anni la riforma dell’elezione diretta dei presidenti di regione, che d’ora in poi dalla metà degli anni novanta, in nome dei maggiori poteri , sono stati anche appellati come governatori .
Termine usurpato , anzi non dovuto , ma questa è un’altra storia, che però rende con chiarezza la “ mistificazione “ in chiave autonomista cui la figura è stata sottoposta, quasi come se fosse un governatore di uno Stato americano.
Nel corso degli anni esponenti di tutto l’arco politico, dalla sinistra, dal centro alla destra hanno sperimentato l’importanza di poter essere al vertice di un ente locale, tanto più che l’elezione diretta assicurava una visibilità che a volte a livello nazionale , come semplice parlamentare era ed è impensabile.
E in tutto questo l’originale disegno secessionista e la lega di battagli tanto cara ad Umberto Bossi, che fine hanno fatto?
La secessione , se mai ci sia stata realmente in agenda è finita in soffitta, sostituita dall’autonomia nel rispetto formale dell’unità nazionale ; questo perché il vero scopo era quello di avere maggiori risorse per le proprie regioni e di poterle gestire direttamente sui territori senza intermediazioni dal centro dello stato.
Del resto parliamo di regioni , come soprattutto il Lombardo Veneto di asburgica memoria, da sempre abituati a privilegiare la propria vocazione economica a discapito anche della propria autonomia politica.
Ecco perché una volta sulla strada della maggiore autonomia e di conseguenza con la possibilità di poter gestire maggiori risorse economiche la questione dell’indipendenza si è rivelata per quello che in realtà è : ovvero una grandissima boutade !
La lega in quanto tale , ha dimostrato di essere un vero partito, che è oggi il partito con maggiore storia nel nostro paese, affacciatosi in parlamento ormai un trentennio fa.
L’aspirazione a radicarsi nel resto del paese , soprattutto al sud ha dato una spinta ulteriore all’abbandono di certe pulsioni autonomiste e l’accantonamento di temi che erano incompatibili con un partito che volesse avere una vocazione nazionale.
Vera svolta o (legittimo ) calcolo politico? Diciamo che il cambiamento politico della lega è stato dovuto dal mutato scenario nel paese.
La questione “ settentrionale” non è più come dire un esclusiva della lega, ma è ormai patrimonio di tutti i partiti , un tema che viene cavalcato anche a sinistra , persino da esponenti del PD con responsabilità di governo sia pure a livello locale come i Sindaci di Bergamo Giorgio Gori e di Milano Beppe Sala.
Sala che qualche tempo fa è stato scoperto lamentarsi con il Presidente della Regione Lombardia Fontana , circa la distribuzione dei fondi del PNR, in passato sarebbe stato scambiato per un leghista.
E si badi non è l’unico esponente del centro sinistra a fare pensieri , del genere , per alcuni osceni, ma a nord di Roma a quanto pare la normalità, pensiero che attraversa trasversalmente tutta la classe politica locale.
Altrimenti non si spiegherebbe, la spinta autonomista di cui è promotrice L’Emilia Romagna da sempre feudo, prima PC e poi Dem , insieme a regioni da decenni fortino della lega come la Lombardia e il Veneto.
Insomma ,senza che ce ne accorgessimo la questione di una maggiore autonomia avanzata dalle regioni del nord è ormai nel “ DNA “ della politica locale al di là dello schieramento .
Questo come è potuto accadere? Va detto che anche la sinistra in quelle regioni ha preso coscienza di come non si potesse prescindere dal tema, perché sentito ad ogni livello e per continuare ad avere una rilevanza politica ha fatto proprio il tema .
Con il tempo è paradossalmente accaduto, quanto sosteneva nei primi anni 90 un politico allora imberbe come Roberto Maroni , secondo cui la lega, una volta ottenuta l’indipendenza della “padania” si sarebbe divisa in un movimento di sinistra e in uno di destra.
Ora non è andata proprio così , nel senso che per fortuna il paese è rimasto unito e la “padania” è rimasta poco più che uno slogan , come doveva essere una cosa senza senso e senza logica; la lega delle origini ha fatto la sua fortuna anche con queste cose , primo seme del populismo.
Indiscutibile però appunto la conversione anche della sinistra in certe regioni alla causa dell’autonomia, in questo , ovvero che il tema avrebbe sfondato anche a sinistra l’ex ministro ci aveva visto giusto : eccome!
Ciò che deve far riflettere è che non è assolutamente venuta meno la distinzione tra destra e sinistra ma che semplicemente il tema è ormai comune a tutti gli schieramenti per lo meno a livello locale.
Viene a questo punto spontaneo chiedersi , se alla lunga questo clima porterà ad una secessione delle regioni più ricche a discapito di quelle più povere del mezzogiorno , visto che vi saranno sempre meno competenze gestite dallo stato centrale.
Ebbene nell’immediato appare difficile , almeno sin quando le condizioni del resto del paese , non saranno un ostacolo per lo sviluppo delle regioni autonomiste.
Di sicuro , siamo entrati in una fase in cui la tendenza a privilegiare la propria comunità rispetto alla collettività nazionale prevale e si materializza in via principale nel voler trattenere sul territorio un numero sempre più ampio di risorse.
Se questo può essere la causa della fine dell’unità d’Italia ? qualora il processo non conoscesse limiti e le competenze delle singole regioni diventassero sempre più ampie , la cosa in astratto non è da escludere.
Anche perché quando parliamo di regioni come Lombardia o Veneto , solo per citare gli esempi più vistosi in tema di autonomia, dobbiamo ricordarci che siamo davanti a territori che storicamente sono abituati ad un discorso di stato autonomo o inserito come parte di un territorio straniero.
Per queste regioni la cosa principale è quella di essere parte di un contesto economico dinamico , come quello europeo, che potrebbe benissimo prevalere sul principio dell’integrità nazionale.
In altre parole da quelle parti non spaventa tanto o meglio per nulla l’idea di essere un piccolo stato, come per dire la Slovenia, quanto piuttosto quello di perdere il proprio ruolo economico nel contesto dell’Europa.
Ecco perché il discorso sull’autonomia delle regioni , dovrebbe essere finalmente regolato , senza isterie e senza ipocrisie ; la posta in gioco è molto più alta di quella che sembra.
Anche gli altri partiti , farebbero bene al loro interno ad affrontare il problema , avendo il coraggio di confrontarsi con i quadri locali , per giungere ad un progetto che riesca a tenere insieme le varie anime del paese.
L’aver evitato fino ad oggi di affrontare il tema del regionalismo, ha comportato che si arrivasse alla situazione attuale , in cui si rischia di trasferire competenze sempre più ampie alle regioni, senza aver previsto alcun meccanismo di solidarietà a tutela delle aree più povere del paese.
Il tempo stringe e la storia stavolta ha tutta l’intenzione di fare il suo corso.
Fonte foto: Fanpage.it