“… non possiamo fermarci a vivere nell’altalena tra l’autoconsolazione dell’orgoglio patriottico e la disperata denuncia di malesseri atavici. Le recenti volontà popolari … [napoletane] lanciano una voglia di rinnovamento ed esprimono fiducia nell’expertise. Ci sono le premesse perché la Città riviva di grandi progetti che vedano finalmente una realizzazione, anche se a piccoli passi, ma almeno fuori dal cliché di un eterno dolce far niente, sotto il sole cocente, sotto la luna lucente”, scrive Dino Falconio in un recente suo pezzo, su “Il Mattino”, e su questa rivista. Ebbene, stimolato da questi interessanti spunti del caro amico e autorevole intellettuale, giurista, impegnato, con responsabilità operative a Ravello e Bagnoli, Dino Falconio, io allargherei il discorso e, forte, di un limite … blando al numero di caratteri per un articolo, tipico della carta stampata, mi dilungo in uno spazio “digitale” su quello che secondo me, Napoli ha da offrire, e su quello che può a diritto chiedere dai fondi gestiti dal Pnrr. Pur condividendo l’analisi che Dino fa di Napoli, non condivido un suo qual certo pessimismo di fondo, anche se sprona “a fare”. E questo significherebbe che, in fondo, ci crede anche lui. Più che ai cittadini (e qui ha ragione Dino, bisogna convincere, molti, a cambiare atteggiamento e “pensiero”!), io mi rivolgo alla politica, alle amministrazioni, ai governi, agli intellettuali (pochi, ché molti, ha ragione Dino, sono corrivi e si crogiolano dietro una critica … per la critica, senza alzare un dito!)
Governare e amministrare – Governare una metropoli non è lo stesso che amministrarla. Provvedere alla vita quotidiana della città e dei suoi abitanti è cosa essenziale ma dettata, appunto, dalle esigenze “del buon vivere civile”: igiene urbana, traffico, trasporti, sosta, sicurezza, efficienza ed efficacia dei servizi comunali. Cose assolutamente importanti, ma Il governo è qualcosa di più: richiede che si intenda “il genius loci” di un’area urbana: la vocazione naturale del territorio, le competenze e le aspettative dei suoi abitanti, “il segno” che la storia ha inciso nella cultura materiale della cittadinanza, lo stato della città, le prospettive che si aprono in considerazione di tutti questi fattori e delle occasioni offerte dal contesto regionale, nazionale ed internazionale. Il governo cioè, è l’individuazione di un destino possibile e la predisposizione delle iniziative che sono necessarie a realizzarlo e che contestualizzano la “buona amministrazione”.
Napoli – Napoli è aperta sul mare, carica di una storia che ha stratificato una cultura grande e vasta, frutto dell’incrocio di più tradizioni e dei retaggi monumentali di epoche diverse, porta i segni di una lunga vicenda di capitale europea e soffre i mali di una assai scarsa vivibilità, vede le sue bellezze e patisce il non valorizzarle adeguatamente, fa “mille lavori” e soffre la più alta disoccupazione giovanile e femminile, ha grandi alberghi, industrie avanzate, antiche università, ma nessuna di queste attività le dà un’impronta precisa: Napoli ha bisogna di un destino che le restituisca l’entusiasmo per uscire dalla crisi d’identità in cui versa.
I cardini di un progetto – La crisi economica dovuta alla grave pandemia, in Europa e nel mondo, ed il conseguente bisogno dell’apertura di nuovi mercati, le rivoluzioni africane e la necessità che esprimono di benessere e di rinnovamento culturale, l’essere Napoli porto e città che lega -attraverso il Mediterraneo- l’Europa alle sponde del Nord Africa, possono essere i cardini intorno a cui progettare la nostra città come capitale europea nel Mediterraneo. E’ proprio impossibile “pensare” che una adeguata cifra del NGEU venga utilizzata per questi scopi?
La dimensione metropolitana e il rapporto con la regione – Per farlo occorre innanzitutto immaginare una “diversa dimensione” che vada ben oltre i confini daziari e coinvolga in modo positivo l’intera regione. Si tratta di pensare all’area metropolitana come un tutt’uno, che si rapporti con le altre città Campane non come il capoluogo pigliatutto -che tanti problemi ha finora creato- ma come “il traino” che con il suo sviluppo trascina quello, autonomo e collegato, delle altre realtà regionali. Città metropolitana, dunque, che raccoglie, coordina, mette in sinergia, le varie e significative risorse del territorio provinciale proiettandole nel disegno, prima, e nella vita, poi, di una capitale che ha radici economiche in Europa, sbocchi commerciali in Africa ed è snodo dei flussi culturali fra queste due realtà.
Sconfiggere tutte le illegalità – Napoli ed il suo hinterland hanno molte delle potenzialità necessarie per diventare una metropoli europea, ma per svilupparle devono, prima di ogni altra cosa, liberarsi dell’illegalità che le soffoca e fa pagare loro, nella crisi, un costo più alto delle altre realtà meridionali, come dimostrano tanti studi, a partire da quelli della SviMez.
Va, dunque, condotta una lotta senza quartiere a corruzione, evasione, lavoro nero, criminalità organizzata. Quest’obiettivo va perseguito con ogni determinazione sollecitando l’impegno parlamentare dei gruppi del Centrosinistra e sviluppando un’azione amministrativa intransigente tanto sulla correttezza di contratti ed appalti quanto nel contrasto a tutte le forme di illegalità fiscale/contributiva; nel contempo vanno sostenuti ed incentivati quanti intraprendono percorsi di regolarizzazione.
Tutto questo serve a reperire risorse, a ridare credibilità ad un mercato troppo spesso vittima di concorrenza sleale -quando non si tratta di illegalità o, peggio, di penetrazione camorristica- serve anche a restituire dignità al lavoro sottratto a sistemi clientelari e spesso illeciti, ma soprattutto serve a creare, in città, il clima di svolta necessario per rendere credibili, innanzitutto agli occhi della pubblica opinione, progetti ed investimenti per lo sviluppo.
Capitale culturale nel Mediterraneo – Il primo investimento che rende Napoli capitale europea nel Mediterraneo è quello in cultura. Occorre dare struttura organizzata e qualificata ad un “luogo” in cui le diverse culture facilmente possono incontrarsi per “insegnarsi” e “conoscersi” a vicenda.
Dal punto di vista della visione politica “alta” di Napoli come capitale d’Europa, come ponte tra Europa e (Nord) Africa, Napoli dovrebbe diventare ponte “culturale” tra questi 2 continenti, sfruttando innanzitutto l’enorme esperienza, competenza, autorevolezza, prestigio, delle sue Università (basti solo pensare alla Federico II, Universitas Studiorum per eccellenza, e all’Orientale, da sempre porta aperta, tra gli altri, verso i paesi del Mediterraneo e del Nord Africa).
In passato, solo per fare un esempio, la Federico II ha ottenuto il prestigioso premio Antonio Feltrinelli dall’Accademia dei Lincei, per il suo enorme impegno per la realizzazione di una Facoltà di Medicina in Uganda. Ecco, coinvolgendo amministrazioni locali e regionali, Università napoletane, Università del centro e nord Europa, analoghe istituzioni in paesi dell’Africa o della sponda sud del Mediterraneo (penso ad esempio anche al Medio Oriente), potremmo proporre di istituire dei percorsi e dei luoghi di incontro, a Napoli, di esperienze e culture nord-sud del mondo, a partire dai temi archeologici, che tanta parte hanno nel nostro tessuto culturale, passando, perché no, per i temi della tecnologia e dell’informatica, dove oltre a punte di eccellenza nelle nostre Università e Centri di Ricerca, sono presenti centinaia di piccole e medie aziende nella città metropolitana, arrivando poi ai temi dell’avionica e dell’aerospazio, che vedono a Napoli tradizionali e consolidate esperienze e competenze scientifiche ed accademiche, oltre che importanti realtà produttive territoriali. Su questi temi (ma possono essere altri) avviare un confronto di idee, esperienze, esigenze,
Capitale delle donne e delle libertà, città vivibile e aperta – Ovviamente, una città capitale di cultura è una città che si dà le regole ed i servizi necessari a garantire le libertà ed i diritti: dagli asili, al registro delle coppie di fatto, per fare solo due esempi. Ma una città ordinata, efficiente nei servizi, vivibile è anche la condizione per una città turistica. Su questo terreno la buona amministrazione mostra tutta la sua importanza anche per lo sviluppo e lega benessere degli abitanti, accoglienza per i visitatori e crescita economica. Si tratta, allora, di “pensare i servizi”, e la relativa spesa, non solo come soddisfazione del cittadino, ma anche come motore di sviluppo. Si pensi, per esempio, ad un sistema scolastico in cui si dia spazio allo studio delle lingue straniere; si fa non solo l’interesse dello studente che si troverà avvantaggiato nel comunicare con il resto del mondo, ma si fa anche l’interesse della città turistica dove il conoscere la lingua dell’ospite è grande fattore di accoglienza. Ma Napoli, se vuole essere “ponte” fra Europa ed Africa, non deve essere accogliente solo per i turisti, lo deve essere anche per quanti la scelgono come luogo di vita e di lavoro portandole il contributo di nuove energie. In questo senso un bel segnale di città accogliente sarebbe quello di dare la cittadinanza onoraria ai nati a Napoli da genitori immigrati.
Capitale e città industriale – D’altro canto l’efficienza del “sistema urbano” è anche uno dei richiami per gli investimenti industriali. E una metropoli con milioni di abitanti non può vivere solo di turismo e servizi. Napoli e la sua provincia hanno una grande storia industriale, una tradizione operaia che si è messa in luce per le sue qualità professionali, presenze significative di aziende all’avanguardia in campo tecnologico e sui mercati internazionali -dall’elettronica fine alla nautica da diporto- È questo un tessuto da sostenere e ampliare potenziando, innanzitutto, ricerca scientifica, tecnologica e relativa formazione. Anche in questo caso vi sono notevoli risorse universitarie e culturali che possono diventare, come in parte già sono, momento di crescita territoriale e di legame con i Paesi ed i giovani del Nord Africa.
Capitale commerciale – Ma la parte della città che più di ogni altra rappresenta la possibilità di essere punto di contatto fra i continenti europeo ed africano è il porto. Evidentemente non si tratta solo di adeguarne le strutture a questa funzione che è, ad un tempo, turistica e mercantile. Si tratta anche di creare una rete commerciale che metta in contatto le industrie europee ed italiane con i mercati africani. Anche a questo proposito il governo cittadino può svolgere una significativa funzione, sia offrendo facilitazioni ed incentivi, sia ponendosi come promotore di iniziative. Ovviamente, per essere snodo di questo tipo di traffico commerciale, l’intera area metropolitana dovrà darsi infrastrutture di collegamento che, nel rispetto dell’ambiente, facilitino il trasporto di merci e persone nella regione e nell’intero Paese.
In questo ambito si pone la questione portuale italiana, dove secondo i progetti, gli intendimenti dei governi, i principali porti da attrezzare, come terminali per poi distribuire merci (e persone), sono Trieste in primis, e Genova. Scienziati e studiosi, esperti di trasporti e logistica, economisti, SviMez, ritengono che tale impostazione, ancorché condivisibile in sé, deve tener conto che il forte atout italiano di costituire una vera e propria piattaforma logistica con il suo Mezzogiorno al centro del Mediterraneo, impone (ancora, sia per il riequilibrio di situazione economiche e di sviluppo, sia per principi di economia dei trasporti e del commercio, di base, e del tutto comprensibili) di dare un forte impulso ai sistemi portuali (insieme di più porti e zone portuali) del Mezzogiorno: oltre a Genova e Trieste, vanno pensati come strategici per l’economia italiana i sistemi portuali di Napoli (Napoli-Castellammare-Salerno); Bari (Bari-Brindisi); Augusta-Gioia Tauro (Augusta-Catania-Gioia Tauro-Taranto); Palermo (Palermo-Porto Empedocle-Trapani). Obiettivo generale, quindi, dovrà essere quello di una necessaria integrazione del sistema portuale del paese. L’importanza della questione sistemi portuali nel Mezzogiorno d’Italia si è toccata con mano ad esempio, in occasione del momentaneo “blocco” per incidente del canale di Suez di poco tempo fa: se costrette a circumnavigare l’Africa, le grandi navi-cargo non entrerebbero proprio nel Mediterraneo, ma andrebbero subito a Rotterdam o ad Amburgo, tagliando fuori l‘Italia da ogni traffico. E proprio per questo nel Pnrr bisogna dare ampio risalto ai porti d’Italia, segnatamente quelli del Mezzogiorno, baricentrici nel mar Mediterraneo (istituendo zone doganali intercluse; realizzando strade e ferrovie per i collegamenti e tutte le infrastrutture necessarie; ecc …).
Altro tema essenziale è, ad esempio, la realizzazione del cosiddetto corridoio Berlino-Palermo: AV e AC fino a Reggio Calabria … e Palermo (il che significa ponte sullo stretto). Di cui pure si è parlato (ad esempio Giannola e la SviMez, e altri economisti meridionalisti). Temi “discutibili”, nel senso che vanno discussi, per verificare l’opportunità e la convenienza della realizzazione delle infrastrutture di cui si parla.
Fanno dispiacere affermazioni probabilmente (spero!) non attentamente ponderate, anche da parte di autorevoli esponenti di sinistra, “bisogna contrastare l’allargamento del divario tra Nord e Sud”.
Un po’ poco, direi. Il divario Nord-Sud è uno dei principali freni allo sviluppo dell’Italia e dobbiamo continuare a batterci perché venga da subito RIDOTTO e poi ELIMINATO del tutto.